Alcune cose che succedono quando nasce un bambino in Abruzzo
Quattordici mesi fa è nata mia figlia. Ora, non voglio star certo qui a propinarvi la storia di quanto la mia vita sia cambiata da quel giorno e di quanto il tempo da dedicare a me medesimo abbia assunto un valore che si avvicina allo zero infinito (sì, se ve lo state chiedendo è anche per questo motivo che vedete sempre meno post sul blog e sulla pagina Facebook di Qualche Riga d’Abruzzo). Piuttosto diciamo che con poco più di un anno di esperienza alle spalle, penso sia arrivato ora il momento di raccontarvi un po’ di abruzzesità quando ci si trova di fronte a un nuovo arrivo in casa.
Cominciamo quindi dalle presentazioni. Mia figlia, per chi non lo sapesse già, si chiama Nina. E no, non è un diminutivo di nessun Nunziatina, Assuntina, Clementina, Antonina, Alfonsina o di qualsiasi altro nome che finisca in -ina diffuso in Abruzzo da tempi immemori. Lo dico da subito e a scanso di equivoci perché la domanda più in voga delle persone – e non solo over 50 – che ho incontrato in ogni tipo di contesto fino a oggi è stata proprio questa. Tutti, e soprattutto tutte, sono rimasti visibilmente delusi nell’apprendere una risposta che spiegava che no, la tradizione nostrana di ridurre nomi in nomignoli non era stata rispettata, ma alla fine, con buona pace dei sogni della piccola, non è mai mancato il classico Che Dio la benedica a fine chiacchierata.
Il neonato in Abruzzo. Occhio a La ‘mmidia
Che Dio la benedica, in effetti, è l’espressione che posso dire di aver sentito più spesso come augurio dopo la nascita. E non poteva essere altrimenti, vista la credenza diffusa nei secoli dei secoli che bastassero queste quattro paroline magiche per preservare il neonato dal malocchio, un “sortilegio” che può essere operato con scopi malevoli o anche involontariamente, non pronunciando la frase di cui sopra dopo aver ammirato un bambino sano e robusto.
Per essere sicuri che la nuova piccola creatura sia stata colta o meno da La ‘mmidia, come la chiamano i nonni del mare di Nina, bisogna rivolgersi alla donna più anziana della famiglia, l’unica depositaria della “formuletta magica” (lo può tramandare alle nipoti solo durante la notte di Natale) da recitare a bassa voce mentre si celebra il rito, che consiste nel far cadere una stilla d’olio in un piatto d’acqua per vedere se si scioglierà o meno. Sappiate quindi che se la goccia d’olio rimane intera è tutto a posto, se invece si spande in tante goccioline separate allora vuol dire che le colichette, i pianti notturni, il rigetto del latte, gli arrossamenti della pelle in parti sensibili sono colpa di qualcuno che vi ha voluto male o che vi ha “maledetto” durante la gravidanza.
I preparativi dei nonni al parto in Abruzzo
Ecco, la gravidanza. Un periodo lungo e a volte pieno di ostacoli, ma che in una famiglia abruzzese viene vissuto con eccitazione e partecipazione totale da parte di tutti i parenti di primo, secondo, terzo e di quanti altri gradi ci sono. Nonne, zie e prozie sono l’anima della festa di preparazione, con uncinetti e ferri del mestiere attivi 24 ore su 24 per la realizzazione di coperte, camicie dell’angelo, cappellini, scarpine di lana per l’inverno e asciugamani griffati a mano, che se sarà femmina il corredo per quando si sposerà è ormai già quasi roba fatta.
Al padre, in quei nove mesi in cui la compagna va trattata altro che con i guanti bianchi, non rimane invece che pensare a una piccola serie di incombenze burocratiche, e soprattutto alla scelta della bottiglia giusta da nascondere in cantina e da stappare quando sarà arrivato il momento.
In questo ultimo aspetto l’aiuto dei nonni maschi è ovviamente fondamentale. Ci sono passati prima di noi. E lo sanno cosa vuol dire poter godere di quella prima notte in cui mamma e neonato sono in ospedale, mentre il papà può dare sfogo all’ultima serata in autonomia prima di intavolare una serie di nottate da incubo, da passare rigorosamente in bianco a consolare seni dolenti e pianti disumani. Che belli che sono i nonni maschi abruzzesi comunque. Quanti ne ho visti, nei giorni di ricovero in maternità, di omoni burberi con le mani callose sciogliersi come un ghiacciolo sotto il solleone e bagnarsi di lacrime le loro guance rosse di Montepulciano appena avvistata la loro piccola creaturina!
Lu sonne. Le usanze popolari per neonati in Abruzzo
Ai padri poi, nel caso i nonni purtroppo non esistano, spetterebbe anche di rispettare la tradizione de Lu sonne (Si chiama così anche da voi?), e cioè di accogliere in casa il bambino appena nato lasciandogli una moneta a scelta sotto il cuscino. Un gesto oggi certamente simbolico, e anzi sostituito quando è possibile da regali ben più remunerativi, ma che in tempi passati in cui l’arrivo di un bambino significava anche un gravoso impegno economico certo non guastava.
A seguirlo davvero il folklore e le credenze popolari abruzzesi, devo dirlo, avrei dovuto anche impedire che alla piccola venissero tagliate le unghie per non so quante settimane. Noi, spero ci perdoniate, abbiamo trasgredito questa e altre regole non scritte, e ora speriamo che non diventi una ladra come si dice succeda a chi non rispetti la tradizione. Ah, abbiamo deciso anche che la mamma non rimanesse in quarantena, nonostante i racconti della bisnonna ci avessero istruito di come fino ancora a non troppo tempo fa questa pratica fosse prassi comune: la puerpera a pensare solo alla prole, e tutte le altre donne di famiglia in faccende di casa affaccendate.
Sì sono cambiati i tempi. Oggi si fanno le liste regalo a Prenatal e siamo tutti un po’ più emancipati o impegnati in lavori più o meno precari. Una cosa però non smetterà mai di essere diversa, questo è sicuro. Ed è la processione di visite di nonni, cugini, parenti di ogni ordine e grado, vicine di casa e amiche della nonna di cui tu non conoscevi nemmeno l’esistenza. Una processione che inizia uno massimo due giorni dopo il parto, quando l’adrenalina è a mille e tu non ci stai capendo ancora niente ma sei comunque costretto a preparare e bere decine di caffè, fare cin cin a ogni ora del giorno e raccontare con particolari sempre più intimi e dettagliati quello che hai visto quando hai assistito al parto.
La nascita, insomma, che diventa presto rito collettivo. E poco importa, a quel punto, di occhi assonnati e muscoli sovraffaticati, di ore che corrono troppo in fretta e pannolini da cambiare nei momenti meno opportuni: l’ospitalità e l’accoglienza abruzzese, anche ai bimbi, meglio trasmetterla da subito!
Ps. Sì, la foto di ordinanza mentre cerca di azzannare l’arrosticino l’abbiamo fatta anche noi. Lei aveva cinque mesi.
Pps. La piccola ha la fortuna di avere anche i nonni della montagna. E si impegna già da un po’ a fare sopra e sotto in una regione magica, da zero fino a più di mille metri sul livello del mare. È vero, non sa ancora come fa ‘sto benedetto coccodrillo, ma il suono muto del pesce e quello sconvolgente della mucca capo mandria al pascolo li imita che è una meraviglia!
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Gianluca Salustri
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