Le maschere di Zì Frate. Trent’anni di teatro dialettale a Luco dei Marsi
Quando ero adolescente e giocavo a calcio, uno dei derby più sentiti dalla squadra del mio paesello era quello che ci vedeva impegnati contro la nobile decaduta Angizia di Luco dei Marsi. Un paese grande più o meno come il mio che però era riuscito nella grande impresa di calcare addirittura i campi della serie C durante gli anni Ottanta. Una volta abbandonata la strada verso la gloria del calcio dilettantistico, Luco dei Marsi un po’ mi è rimasto nel cuore lo stesso, vuoi per le compagne con cui ho condiviso le scuole superiori e che poi ho visto andare all’altare forse troppo presto subito dopo gli esami di maturità, vuoi per altre compagnie frequentate più o meno spesso durante l’Università.
Il teatro dialettale a Luco dei Marsi
Ciò che non conoscevo di questo borgo che sorge sulle ex rive del Lago Fucino però, è che da oltre trent’anni – praticamente da quando io non sapevo ancora rincorrere un pallone, giusto per rimanere in tema – opera qui una delle compagnie teatrali dialettali più longeve dell’intera Marsica, il Teatro Dialettale Pro Missioni, associazione nata nel 1986 con lo scopo di sensibilizzare il maggior numero di persone al problema del sottosviluppo del Madagascar.
L’occasione mi è stata concessa qualche settimana fa dalla cara Candida dell’associazione di promozione sociale ContaminAzione, che ha voluto omaggiare la sezione libri di Qualche riga d’Abruzzo di due volumi pubblicati dall’associazione stessa con la collaborazione della casa editrice Archeo Ares di Viterbo. La pubblicazione, dal titolo Le maschere di Zì Frate, impreziosita dalle illustrazioni realizzate da Attilio Crescenzi, raccoglie proprio la storia di questi trent’anni, riorganizzata, passo dopo passo, attraverso la riproposizione dei copioni scritti e animati da Pierino Bianchi, teatrante autodidatta che ha fatto del teatro Pro Missioni, e dell’associazionismo con i trenta componenti fissi della compagnia, la sua ragione di vita.
È soprattutto grazie a lui che il Teatro Pro Missioni è stato capace di uscire dalla Marsica per andare a rappresentare le proprie commedie anche al di là dell’Oceano, tra le comunità di emigranti abruzzesi presenti in Canada, Argentina e Brasile, dove i temi trattati dai lavori di Zì Frate, incentrati sulle usanze popolari e dai quali “emerge un popolo abruzzese fiero, saggio, infaticabile e capace di risollevarsi davanti alle avversità”, fanno ancor più emozionare chi questa terra ha dovuto abbandonarla tanto tempo fa.
Ecco, la terra, uno dei protagonisti principali delle opere di Zì Frate insieme a uomini e donne umili e spesso emarginati. E certo non poteva essere altrimenti, vista la vocazione degli abitanti di Luco, impegnati, appena dopo il prosciugamento del Fucino, a lavorare da “cafoni” prima e da proprietari poi, su quei terreni che si estendono a perdita d’occhio da questo borgo in cui, come leggenda narra, pare sia nata la dea Angizia, divinità adorata dai Marsi e dai Peligni e associata da sempre al culto dei serpenti.
È sempre qui, nei pressi del sito archeologico Lucus Angitiae e sotto quel bosco sacro che secondo Virgilio era dedicato proprio alla dea Angizia, che le maschere di Zì Frate, donne e uomini chiamati a rappresentare attraverso la dialettica orale le usanze, la tradizione, la lingua e i valori di questo lembo d’Abruzzo, sono pronte a tornare in scena ad aprile 2018 con un titolo che è un tutto un programma: “Padre e padrone”, commedia in due atti con protagonista il tranquillo e sfortunato proprietario terriero sor Gustavo.
Gianluca Salustri
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