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A Torricella Peligna sulle tracce d(e)i Fante

Per gli amanti di John Fante, soprattutto se abruzzesi, il nome Torricella Peligna significa il punto di partenza di una storia appassionante e ricca di suggestioni. È da qui che tutto è cominciato, quando Bandini non aspettava ancora nulla e quando la saga dei Molise e di tutti gli altri “dago red” era ancora lontana dal diventare quella magnifica esperienza di lettura che lo scrittore italo americano è stato poi in grado di regalare a tutte le accolite confraternite dell’uva.

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L’ingresso della mediateca John Fante a Torricella Peligna.

Torricella Peligna, fino a qualche decennio fa, era solo un puntino sulle carte geografiche dell’Abruzzo più aspro e selvaggio. Poi il rinato interesse della letteratura nazionale per John ha fatto sì che diventasse meta di pellegrinaggio di molti, a partire da Vinicio Capossela, che da queste parti ci arrivò già nel 1997 insieme a Sandro Veronesi e alla troupe della trasmissione Magazzini Einstein. Il resto, ancora, lo ha fatto il Festival Il dio di mio padre, diretto da Giovanna Di Lello, che ogni anno porta da queste parti tanta della più bella scena culturale italiana.

Io a Torricella Peligna, con un tempismo al contrario che quasi fa paura, ci sono capitato proprio una settimana prima del festival, edizione 2017. L’occasione di entrare, a petto gonfio e in religioso silenzio, nella mediateca John Fante, mi è stata offerta dall’invito di Mimmo Sambuco, che a Torricella Peligna ci vive da un bel po’ e che è uno studioso del brigantaggio e delle storie degli ultimi che hanno vissuto, e sopravvissuto, in questa meravigliosa zona d’Abruzzo, quella dell’Aventino Medio Sangro in provincia di Chieti.

Una zona che, mea culpa, conoscevo ben poco e che fino all’invito di Mimmo non avevo mai avuto modo di visitare. Che fosse un territorio stupendo però c’era da aspettarselo, almeno tenendo conto di alcuni dei versi più belli scritti dal poeta di Colledimacine Clemente Di Leo che così descriveva i monti e le valli che gli si ponevano davanti agli occhi ogni giorno:

Dirupi d’Abruzzo sono la mia regia.

L’ho colorata d’azzurro con la mia voce

frantumata in getti di parole.

 

La strada per Torricella Peligna

Per arrivarci, a Torricella Peligna, le strade da percorrere sono più di una. Sempre che, come invece capita spesso a me, non abbiate un rapporto conflittuale con il vostro navigatore. Il mio, ad esempio, ha scelto in questo caso di boicottare l’opzione di partire in anticipo per fermarmi a prendere un caffè e visitare Guardiagrele, e dopo quello che al mio paese viene definito un lungo e inutile “giro di Paino” mi ha dirottato senza vergogna verso la A14, imponendomi l’uscita a Val di Sangro e mettendo la parola fine ai miei sogni di una più lunga ma anche più spensierata traversata curva d’Abruzzo dopo curva d’Abruzzo.

Nella sua sadica scelta, poi, il navigatore mi ha segnalato di proseguire per la Fondovalle Sangro, che mi sembra di aver capito essere un rettilineo a due corsie senza mai fine. Ormai rassegnato e obbediente alla voce metallica, di chilometri senza spostare di un millimetro il volante ne ho fatti un bel po’, per poi cominciare a respirare di nuovo a finestrini aperti e senza aria condizionata appena i cartelli direzionali hanno iniziato ad indicare Roccascalegna e Torricella Peligna. È in questo percorso in risalita che i dirupi d’Abruzzo di Di Leo mi si sono presentati finalmente in tutta la loro magnificenza austera, tra strade al solito dissestate causa frane di non si sa quanto tempo fa e panorami mozzafiato, terra resa arida da settimane di caldo mai visto e piccoli trattori a rallentare la marcia tra un tornante e l’altro.

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Il caffè che dovevo prendere a Guardiagrele me lo sono così concesso proprio a Roccascalegna, con sullo sfondo il più suggestivo castello medievale d’Abruzzo e subito dopo aver fatto una piccola capatina sotto al palco durante il sound check dello spettacolo in programma quella stessa sera all’interno della ventesima edizione del Roccascalegna in Festival.

Assistere allo spettacolo, per ovvi motivi di concomitanza (anche con i trebbiani da degustare al bar La Penna Nera di Torricella dopo la conferenza) non era certo possibile senza dono dell’ubiquità, così, dopo essermi segnato sull’agenda un nuovo appuntamento per la prossima estate eccomi infine all’evento Fenomenologia di Mingo Fante. Brigante e Alter Ego, con sottotitolo “Dialettando Usanze, Costumanze e Culture Altre”, organizzato dall’istrionico Mimmo Sambuco, ex sindacalista che dal 2013 si diletta nell’organizzazione e nella pubblicazione del Calendario di Mingo Fante in cui riversa tutti suoi saperi e le storie di questi territori, i canti tradizionali, le ricette e le biografie di personaggi più o meno noti al grande pubblico.

Chiedi alla Majella, terra di briganti e partigiani

Come lo stesso Mingo Fante, brigante buono della Majella prozio dello stesso John, come Silvio Di Luzio, reduce dalla tragedia di Marcinelle ed ex partigiano della Brigata Majella, o ancora come Ettore Troilo, che dopo esser fuggito alle SS dalla piazza di Torricella diede vita a Casoli a quella stessa Brigata in grado di liberare dal nazifascismo gran parte dell’Abruzzo, delle Marche e dell’Emilia Romagna.

Un prodotto editoriale sui generis, il calendario di Mimmo, come lo stesso evento a cui ho partecipato, che dal titolo sembrerebbe una geniale pazzia e che come una geniale pazzia è stato in grado di mettere sullo stesso tavolo i briganti e i partigiani della Majella, le nuove forme di comunicazione applicate al racconto di storie antiche, le storie dei miei minatori di Capistrello e quelle dei pastori di Pacentro, videoraccontati dal medio metraggio di Gaetano De Crecchio.

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Ciliegina sulla torta, infine, la presenza del padre del regista, Giacomo De Crecchio, bibliofilo di lungo corso di Lanciano nelle cui mani passano da sempre libri e documenti dell’Abruzzo antico e moderno, come quelli relativi al più antico presepe abruzzese, che De Crecchio sta cercando di ricostruire da qualche anno ma senza riuscire ad avere notizie delle ultime 40 statuine, tutte intagliate nel legno, che mancano alla collezione dei 149 pezzi totali.

Inutile aggiungere, a questo punto, che le mie peripezie con il navigatore siano state più che ricompensate da una giornata piena di significati e di nuove conoscenze che sono certo continueranno a trovare ancora spazio sul blog di Qualche riga d’Abruzzo. Con occhi e orecchie ancora più attente a quello che succede in provincia di Chieti e ad oriente della Majella, montagna sacra per gli abruzzesi tutti e portatrice sana di spunti su spunti da approfondire.

Con Mimmo Sambuco, e il suo alter ego Mingo Fante, sempre in prima linea a suggerirmele anche al di fuori dei soliti canali istituzionali.

Gianluca Salustri

Gianluca Salustri

Abruzzese forte e gentile. Redattore e curatore di contenuti con penna e tastiera. Dal 2006 nel mondo dell'editoria e della comunicazione. Il profilo completo lo trovi in bio.
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