Valle Roveto, guida breve alla conoscenza di una delle porte d’Abruzzo
La Valle Roveto è un luogo dell’Abruzzo che in pochi fuori regione conoscono e che troppo spesso, causa superstrada veloce che la taglia in due in tutta la sua lunghezza, si attraversa velocemente senza soffermarsi mai sulle ricchezze e la storia che nasconde. Bene, direte voi. L’Abruzzo è pieno di posti sconosciuti da scoprire e da far riscoprire, da promuovere grazie, magari, a un turismo responsabile e che sia capace di far godere le bellezze del territorio senza per forza di cose contaminarle. Sì, è vero. Sono stato un po’ troppo generico. E allora ricominciamo.

La Valle Roveto vista da Capistrello
Tempo fa, su queste pagine, ho recensito un libro dal titolo eloquente: Dove comincia l’Abruzzo. A prescindere dal bel testo della premiata ditta Silvestri/Merlini – che vi consiglio nuovamente di leggere se non lo avete già fatto – non credo, e spero conveniate con me, che ci sia un unico luogo eletto a rappresentare l’inizio, o la fine, di una terra di natura aspra e selvaggia per quasi la totalità del suo territorio. Per arrivarci in Abruzzo, in fondo, le strade sono tante, dal mare come dalla capitale d’Italia attraverso la Tiburtina Valeria, dal nord delle regioni adriatiche come dal Molise. Bene, io oggi ho scelto la strada che entra in Abruzzo direttamente dal basso Lazio e si affaccia sulla Valle Roveto. Una strada che sento particolarmente vicina, anche perché, tralasciando facili campanilismi, è la strada che passa dal paese in cui sono nato e in cui ogni anno continuo ad organizzare Arzibanda, il festival musicale più popolare della zona.
Valle Roveto, camera a sud dell’Abruzzo
Oggi quindi l’Abruzzo, almeno su questo post, comincia dalla Valle Roveto. Un lembo di terra che parte a sud dal confine con la Ciociaria e in particolare con il territorio comunale di Sora, in provincia di Frosinone e a nord da Capistrello, a ridosso dei Piani Palentini. Una valle fiorente sulle due sponde del fiume Liri, che la attraversa in pieno per poi prendere la via in discesa direzione Mar Tirreno.
Il territorio della Valle Roveto, che prima della sua soppressione rientrava nell’omonima Comunità Montana, comprende i comuni di Capistrello, Canistro, Civitella Roveto, Morino, Civita d’Antino, San Vincenzo Valle Roveto e Balsorano, ognuno con a carico una buona dote di piccole e graziose frazioni più o meno nascoste tra le montagne che le ospitano.
La posizione strategica della valle le ha consentito nei secoli scorsi di essere una delle vie di accesso più praticate per la risalita dal sud Italia. In particolare, le bellezze paesaggistiche sono state narrate da diversi viaggiatori dell’Ottocento e non è difficile trovare descrizioni di questa zona in libri d’epoca o guide turistiche d’antan. Ne sia testimonianza una citazione tratta da La Marsica e il Fucino in una cronaca di viaggio a metà ottocento, che Alexandre Dumas pubblicò nel 1835:
Il primo paese che si incontra entrando in Abruzzo, per questa via (da Napoli n.d.r.), è Balsorano. Vi vivono, coltivando bachi da seta, circa duemila abitanti, sotto un vecchio castello che, fino ai primi del secolo, era una rovina pittoresca. Balsorano fu feudo della potentissima famiglia dei Piccolomini… Ma da qualche anno la vecchia rocca degli Alessandri è stata acquistata dal signor Lefèvre che a furia di fabbricare carta agli altri, pensò di fabbricare pergamene per sé e comprò il feudo per quaranta o cinquantamila ducati, spedendone poi il doppio per cambiare la baronia in contea e sostituire il nome, certamente onorevole, con quello aristocratico di Balsorano. Tuttavia un torto grave, anzi gravissimo l’ebbe e fu quello di aver ritoccato l’antico castello, di avervi costruito su una terrazza una specie di baracca bianca, per di più munita di una fila di persiane verdi. La prima impressione è quella di un pollaio che il vento abbia scaraventato in cima ad una torre, ma non c’è niente da fare: il denaro può comprare feudi, baronie, titoli, ma non il buon gusto.
Il Castello di Balsorano, benvenuti in Valle Roveto
Ecco, proprio Balsorano con il suo castello che si erge a dominare il borgo antico distrutto dal terremoto della Marsica del 1915, è il biglietto da visita per il potenziale turista che si trovi ad arrivare da sud. Il Castello di Balsorano però, c’è da dirlo, nonostante la sua rilevanza storica e il fatto che lo stesso terremoto non sia stato in grado di scalfirne la magnifica imponenza, non è mai stato abbastanza valorizzato da essere un’attrazione turistica del tutto accogliente. Anzi, chiuso per molti anni, nel corso degli ultimi decenni è diventato un po’ di tutto, fino a essere utilizzato negli Ottanta come location per film horror e pellicole un po’ più osé, in cui a farla da padrone era addirittura Rocco Siffredi.

Via d’accesso al Castello di Balsorano – Foto: Comune di Balsorano
C’è da sperare quindi che la nuova società incaricata della gestione dal 2016 sia in grado in breve tempo di rinverdire i fasti del passato. Per il momento intanto, per chi fosse interessato, il castello di Balsorano ospita un caratteristico ed affascinante ristorante aperto il sabato e la domenica, con possibilità di prenotazioni aggiuntive di visite guidate all’interno del Castello stesso.
Si accennava poche righe più su al terremoto della Marsica del 1915, un sisma distruttivo capace di fare 30 mila morti e di radere completamente al suolo la città di Avezzano. Anche la Valle Roveto fu colpita in maniera devastante, e Balsorano non è il solo paese a essere stato ricostruito più a valle rispetto al pre-sisma. La testimonianza del “trasloco” dei vecchi abitati, quella più importante, è visibile a Morino Vecchio, meta da consigliare a tutti gli appassionati e studiosi dei luoghi dell’abbandono che troveranno il loro bel da fare anche nei diversi eremi presenti qua e là in tutta la valle.

Il cimitero abbandonato di Morino Vecchio
A Morino Vecchio, un po’ come a Sperone, frazione di Gioia dei Marsi, il tempo si è fermato alle 7.52 di quel lontano 13 gennaio. Nel borgo rimangono però ancora intatte alcune abitazioni e, soprattutto, il campanile della vecchia chiesa di Santa Maria Bambina, sotto cui è posta una targa in ricordo delle 113 vittime del borgo, tre delle quali non furono mai ritrovate. Il luogo è oggi adibito, soprattutto in estate, a manifestazioni ed eventi teatrali grazie all’interessamento delle associazioni e dei cittadini di Morino, quello nuovo, abituati già da tempo a confrontarsi con l’accoglienza grazie a una delle ricchezze naturalistiche più importanti dell’intera zona.
Zompo Lo Schioppo, la cascata della Valle Roveto
Parliamo della riserva naturale Zompo Lo Schioppo, una sorgente carsica intermittente che ogni anno si estingue in estate e in autunno e che con i suoi 80 metri di salto nel vuoto forma una delle cascate naturali più alte di tutte l’Appennino. Zompo Lo Schioppo entra dunque con diritto nella lunga serie di parchi e oasi naturali abruzzesi ed è visitato ogni anno da migliaia di turisti appassionati della natura. L’acqua del resto è un tratto saliente di tutto il territorio della Valle Roveto e non solo per la presenza del già citato fiume Liri.

Parco naturale Zompo Lo Schioppo. Foto: schioppo.aq.it
A Canistro ad esempio, in località colle Cotardo, sgorga quella che viene poi imbottigliata e venduta nei supermercati di tutta Italia con il nome di Acqua Santa Croce. Glissiamo in questo post sulle alterne vicende che sta vivendo il marchio – con 75 dipendenti in bilico a causa di una quantomeno “strana” gestione della crisi che vede coinvolti imprenditori e politica nostrana – e concentriamoci piuttosto su un’altra ricchezza naturale della zona.
Sempre a Canistro, tra il paese e la frazione di Canistro Superiore, è infatti presente il parco naturale La Sponga, oasi che al prezzo di ingresso di un euro permette agli avventori la possibilità di godere di ampi prati e laghetti naturali sulle cui sponde è facile organizzare barbecue di tutto rispetto. Un posto adatto, principalmente in estate, a godersi il relax e la tranquillità offerti da una full immersion nella natura, come del resto è possibile fare anche nel resto del circondario in modo assolutamente gratuito, sull’altipiano della Renga ad esempio, o salendo in escursione sulla vetta più alta della zona, il Monte Viglio (2156 metri).
Civita d’Antino e i pittori danesi
Prima di risalire verso Canistro però, non si possono tralasciare altri paesi che, ognuno a modo suo, contribuisco allo “storytelling” della Valle Roveto. Uno di questi è Civita d’Antino, il meno popolato soprattutto in inverno. Il borgo di Civita d’Antino è posto a 904 sul livello del mare, a dominazione di tutta la valle, e viene ricordato, e celebrato, soprattutto per essere stato la dimora estiva preferita del pittore danese Kristian Zhartmann.
Zhartmann, passato in queste zone per la prima volta nel 1883, si innamorò perdutamente dei paesaggi e della semplicità delle persone, tanto da realizzare proprio a Civita d’Antino una innovativa scuola estiva per artisti scandinavi in contrapposizione alle più accademiche scuole del nord Europa. La storia di Fhartmann e dei pittori scandinavi transitati in Abruzzo è rimasta nascosta ai più per tanti anni e il merito della riscoperta va attribuita principalmente ad Antonio Bini, studioso e autore del libro L’italian dream di Kristian Zahrtmann pubblicato dai tipi di edizioni Menabò.

Una delle opere di Kristian Zahrtmann “ambientate” a Civita d’Antino
È anche grazie a questo lavoro che Civita d’Antino sta vivendo in un certo senso una seconda giovinezza, con la nascita della manifestazione “Inquadrando paesaggi” che ogni anno ripercorre le gesta dei pittori danesi passati di qui e al tempo stesso assegna un premio di Arte Contemporanea ad artisti che si siano contraddistinti nel panorama nazionale.
Olio e castagne, le eccellenze della Valle Roveto
Se Civita d’Antino può quindi vantarsi di una affascinante storia artistica è nel borgo di San Vincenzo Valle Roveto (paese originario del fotografo Ennio Iacobucci) che cominciamo invece a scoprire qualcosa sulla ricchezza culinaria dell’intera zona. Proprio San Vincenzo Valle Roveto infatti, si contende con Civitella Roveto e Canistro (Inferiore e Superiore) la palma di paese con la miglior “sagra autunnale” del territorio, o almeno quella con il maggior numero di avventori visto che, e questo è un giudizio estremamente personale, sembra essersi perduto in alcuni casi lo spirito iniziale delle manifestazioni per puntare piuttosto su un pubblico di massa mordi (nel vero senso della parola) e fuggi, che aumenta sì ogni anno che passa ma che mostra per forza di cose sempre meno attenzione ai prodotti della tradizione.
Detto questo, a San Vincenzo Valle Roveto a farla da padrone durante la manifestazione “Frantoi aperti” è l’olio d’oliva, che qui viene prodotto in buone quantità e con ottimi risultati. Specialità degli altri paesi, e delle rispettive feste del gusto come “Lungo le antiche rue”, è invece la Roscetta, castagna autoctona appartenente alla varietà del Marrone Fiorentino. Non mancano però nella zona anche una sterminata produzione naturale di funghi porcini e tartufi, gioia e delizia di raccoglitori patentati e anche di chi il patentino non ce l’ha ma a raccoglierli, e a venderli, non rinuncia per niente. Non c’è invece, e purtroppo, un vino autoctono, ma in questo caso vista l’assenza di un’antica tradizione e la conformazione della zona forse c’è poco da sperare.
Vie di comunicazione storiche nella Valle Roveto
Tutti i borghi della Valle Roveto possono essere raggiunti comodamente, oltre che con la superstrada del Liri, anche percorrendo la più vecchia, e caratteristica, strada statale 82. Una via di comunicazione particolarmente importante quando si parla di Seconda Guerra Mondiale, in quanto è stata una delle principali vie di risalita dei tedeschi dopo la rottura del fronte tirrenico della linea Gustav, quando insomma le truppe di Hitler dovettero correre in ritirata successivamente alla triste battaglia di Montecassino. I crucchi, su quella stessa strada, di danni ne hanno fatti un bel po’ e da qualche anno, in memoria di quei giorni, è stato istituito il Cammino dell’Accoglienza, nato per commemorare, oltre che le tristi vicende ad essi legate, il grande spirito di resistenza e sacrificio che interessò tutti i cittadini rovetani.
Il peggior crimine commesso dai nazisti in quel periodo è sicuramente l’eccidio dei 33 martiri di Capistrello, delitto perpetrato pochi giorni prima della liberazione della zona da parte degli alleati, e che ha fatto attribuire al comune più popoloso della valle la medaglia d’oro al valor civile. I tedeschi, nella lenta fuga da sud a nord, si preoccuparono di minare e far saltare anche i ponti e le gallerie della ferrovia Avezzano-Roccasecca, linea erede diretta dei numerosi progetti di collegamento tra l’Abruzzo interno e il napoletano a cavallo del Novecento. La tratta, su cui vigilano da tempo cittadini costituitisi in un comitato interregionale è tutt’ora adibita al traffico dei pendolari, soprattutto studenti delle scuole superiori diretti ad Avezzano o a Sora, e nel tratto tra Capistrello e Pescocanale, lungo appena un chilometro, è interessato da uno dei primi esempi di galleria elicoidale in Italia.

Capistrello nella zona di via Emissario. Sullo sfondo Pescocanale
In questa stessa zona sotto il vecchio abitato di Capistrello, studiata ancora oggi dai migliori specialisti dell’ingegneria applicata ai due binari, esiste e resiste anche un’altra opera di impressionante valore storico e archeologico: è l’uscita dei Cunicoli di Claudio, fatti costruire dall’imperatore romano tra il 41 e il 52 d.C e riutilizzati poi dal principe Alessandro Torlonia, nella seconda metà dell’Ottocento, per prosciugare il lago Fucino, all’epoca terzo più grande d’Italia. In questo caso c’è da notare come la promozione turistica di un sito così importante sia stata immaginata solo negli ultimi anni ma i risultati cominciano finalmente a vedersi, grazie anche all’interesse dell’associazione “Gli amici dell’Emissario” che ha riaccesso i riflettori sull’importante sito, su cui Comune e Sovrintendenza Regionale stanno cercando di costruire progetti futuri.
Ci vediamo l’estate prossima in Valle Roveto
La mancanza di una vocazione turistica ancora tutta da costruire non può però certo porre limiti ulteriori a ricchezze naturalistiche, storia, cultura e tradizione gastronomica che la Valle Roveto, al pari di altre zone d’Abruzzo, dimostra di avere in ogni angolo anche senza la presenza di un info point turistico attrezzato.
Il consiglio dunque è quello di perdersi da queste parti comunque e appena ne avrete l’occasione. In autunno se siete appassionati di castagne e vin brulé, in inverno se amate ciaspolare, e soprattuto in estate, quando le sorgenti naturali saranno da sole in grado di donarvi un’impensabile freschezza e il verde, tutto intorno, diventerà re incontrastato del paesaggio. Ci vediamo allora da queste parti, quando deciderete di piantarvi una tenda sotto il cielo stellato!
Per maggiori informazioni su storia e itinerari da seguire: valleroveto.eu
Gianluca Salustri
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Caro Gianluca, il vino e l’uva da mensa erano le principali fonti di reddito nel comune di San Vincenzo, tutti i colli erano terrazzati con muri a secco. Uno sguardo attento riesce ad intravedere ancora adesso i resti di tali muri.
Da Morino in poi, in direzione nord, il clima non permette la coltivazione di vigne, oliveti e fichi, questi ultimi quasi infestanti nei comuni a sud.
Ad inizio 900 la fillossera distrusse quasi tutti i vigneti costringendo le popolazioni ad emigrare in massa verso le Americhe.
Grazie di essere passato da queste parti Antonio! E soprattutto per le preziose informazioni…
Ricorda anche Rendinara ora frazione di Morino dove riposa il corpo di sant Ermete esorcista venerato nella chiesa del paese che sta su un cocuzzolo di oltre 900 m slm
Vera