Viaggio in Abruzzo con Giorgio Manganelli – Recensione
L’Abruzzo dell’arte, l’Abruzzo grande produttore di silenzi e l’Abruzzo cittadino, quello di Pescara città votata all’espansione metropolitana e quello di Teramo come città di frontiera abituata a vivere in maniera autonoma prima che arrivasse il traforo del Gran Sasso a farla uscire dall’isolamento dalla Capitale. C’è tutto questo, e tanto altro ancora, dentro a “Viaggio in Abruzzo con Giorgio Manganelli”, libro che raccoglie le memorie di Pino Coscetta, giornalista del Messaggero chiamato, nel 1987, a fare da guida allo scrittore milanese scomparso poi improvvisamente nel 1990.
Manganelli viaggiò in Abruzzo, accompagnato da Coscetta, proprio per conto del Messaggero, che avrebbe poi pubblicato i suoi nove “reportage” sulle pagine culturali del quotidiano con l’intento di allargare gli orizzonti di una regione portatrice, a modo suo e già all’epoca, di una storia e di una cultura ancora poco conosciute al di fuori dei propri confini.
Gli insoliti reportage di Manganelli sono poi stati raccolti nel 2005, e tutti insieme, all’interno de La favola pitagorica. Luoghi italiani, opera postuma curata da Andrea Cortellessa per Adelphi. Viaggio in Abruzzo con Giorgio Manganelli è uscito invece nel 2012 per conto delle edizioni Solfanelli, ed è quello che a tutti gli effetti si può definire il backstage di quel viaggio, in cui ampie citazioni degli articoli scritti per il giornale sono sapientemente alternate da Coscetta a episodi che vedono protagonista lo scrittore spesso ironico, e a volte dispettoso, ma anche l’uomo pronto a infastidirsi davanti a una guida incapace di descrivere in modo accurato i luoghi di infanzia di Ignazio Silone a Pescina, prima tappa di un viaggio all’interno dell’Abruzzo più culturale che si possa trovare.
Un libro che è quindi una sorta di diario personale ma che allo stesso tempo offre una lettura sull’Abruzzo originale e mai scontata. Coscetta è l’“automodonte” designato a fare da guida e a suggerire nuovi itinerari che vadano oltre quelli descritti dalla Guida Rossa del Touring Club custodita gelosamente dal Manga. Itinerari che a volte coincidono e altre no, tanto da far indispettire Manganelli durante la visita a Sperone, uno dei paesi abbandonati d’Abruzzo e ritenuto per questo portatore di brutte sensazioni nello scrittore.
Scrittore che, invece, si incuriosirà da matti di lì a poco nel conoscere l’uomo capace di dare calci negli stinchi a Benedetto Croce durante la sua infanzia a Pescasseroli e apprezzerà, ovviamente, l’ottimo cibo degustato dalla montagna alla costa, in posti fuori dai circuiti tradizionali che Coscetta conosce bene e che faranno scrivere al Manga di un “mangiare colto e non privo di qualche garanzia metafisica”.
Ma Manganelli non si farà impressionare certo solo dal cibo e dell’Abruzzo apprezzerà anche le sue espressioni artistiche, come nel giorno in cui insieme al suo fedele compagno di viaggio approderà ad Atri, una delle tante perle d’Abruzzo:
La cattedrale è una mole di indimenticabile potenza geometrica ed ora che ho scritto a caso questa parola, mi accorgo di quanta geometria abiti Atri. Tutta la struttura è un solido, un puro pensiero geometrico, cui si appoggia l’ingegnoso solido del campanile. Qui in Abruzzo l’arte, l’architettura ha ai miei occhi una qualità intensamente simbolica; Atri è un sistema di immagini estremamente efficace, qualcosa che coinvolge, stupisce, dà emozioni sapientemente articolate”.
L’Abruzzo di Manganelli è però, anche, una regione silenziosa e riservata, che perfettamente si sposa con il carattere estremamente riservato dello scrittore. Un luogo in grado, forse proprio per questo, di regalargli continue suggestioni poetiche tra le solide pietre dei “cristalli giganteschi d’Abruzzo. Il più grande produttore di silenzi” e di fargli osservare una qualità che arriva continuamente incontro a chi viaggia in questa regione: “Il senso della coerenza temporale, la durezza, come pietra, del tempo antico, il luogo che non muta più”.
Un racconto dell’Abruzzo, quello di Manganelli, che come ha definito il buon amico Mario sulla pagina facebook di Qualche riga d’Abruzzo non è mai oleografico, non cede ai luoghi comuni e agli stereotipi regionali. Qui, dunque, non rimane che consigliarne la lettura. Sia nella versione originale pubblicata da Adelphi che in quella di Coscetta, portatrice di aspetti del carattere personale che certo faranno piacere a chi ha amato il Manganelli scrittore.
Gianluca Salustri
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